E il verbo si fece materia: techno-misticismo e autopoiesi organica in “Revelations of Divine Love”
Alex Della Pasqua
Come ci immaginiamo le tecnologie del futuro? Nell’immaginario collettivo, alimentato da decenni di fantascienza hollywoodiana, il futuro ha spesso il volto metallico di un cyborg: pensiamo al Terminator di James Cameron, fatto di acciaio, leghe lucenti e strutture rigide. Un’idea di tecnologia dura, fredda, separata dalla carne. Ma Laura Tripaldi ci invita a immaginare un altro scenario: quello delle tecnologie “soffici”. Tecnologie che non si distinguono dal corpo, ma vi si fondono – nei tessuti, nella pelle, nella materia stessa che ci costituisce. Agenti artificiali organici, indistinguibili dal vivente.
È a partire da questa visione che le artiste Meuko! Meuko!, VVXXII, e la performer Cityofbrokendoll, mettono in scena in Revelations of Divine Love: una dissoluzione delle distinzioni tra corpo, materia e tecnologia. La performance non rappresenta più il corpo né la macchina, ma li fonde in un’unica sostanza fluida, ibrida, quasi mistica. Un’apparizione post-umana in cui carne e circuito si intrecciano come due volti della stessa materia vivente.
I nuovi materialismi rifiutano le separazioni tra umano e non-umano, materia e spirito, soggetto e oggetto. Sottolineano invece l’esistenza di una vitalità condivisa da tutte le cose, viventi e non. Le distinzioni cartesiane e kantiane cedono di fronte a una visione del mondo in cui materia e significato non sono entità separate, ma aspetti interconnessi di un unico processo. Jane Bennett propone di riconoscere l’agency della materia: una vitalità propria degli oggetti, che si manifesta attraverso un’antropomorfizzazione consapevole, capace di far emergere le potenzialità vitalistiche e l’autonomia degli artefatti.
Così come Giuliana di Norwich intitolava il proprio libro alle rivelazioni che le dischiudevano l’amore divino, Meuko! Meuko! e VVXXII sembrano voler offrire una rivelazione della materia: non come entità inerte, ma come organismo vivente e plastico, in cui corpo e tecnologia cessano di essere distinti per fondersi in una totalità indifferenziata. In Revelations of Divine Love, la figura umana si disintegra e si ricompone, dissolvendosi in un ambiente ibrido che ingloba carne, plastica, metallo, luce e suono. La scena diventa il luogo di un rituale autopoietico: un “nuovo essere” che si auto-produce, si smembra, si ricostruisce, generando incessantemente i propri elementi e intrecciandosi con protesi artificiali. Non siamo più di fronte a un confronto tra umano e artificiale, ma all’emersione di un’unica materia in continua trasformazione, dove ogni distinzione ontologica si dissolve. È questa la vera rivelazione: la materia come organismo primigenio, divino non perché trascendente, ma perché immanente a tutto ciò che vive, vibra e si trasforma.
foto Margherita Caprilli
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